Multitasking aiuta la prestazione?

Come essere multitasking non migliora la prestazione anzi può essere controproducente ai fini della stessa

Massimo Viganò

3/27/20251 min read

Soprattutto in ambito degli sport di situazione (tennis, basket, pallavolo, calcio ecc.) o negli sport di combattimento (boxe, arti marziali ecc.) è richiesta un alta attenzione a più compiti contemporaneamente (aspetti tecnici e aspetti tattici) per cui sembrerebbe che questa strategia sia altamente efficiente, in realtà noi applichiamo quello che in neuroscienze si chiama dual tasking cioè la capacità di passare da un compito conosciuto e quindi svolto con una bassa attenzione cosciente (per esempio un movimento tecnico conosciuto) ad un compito in un ambiente nuovo o attraverso nuove informazioni (aspetto situazionale).

Pensiamo a quando facciamo un’attività conosciuta, per esempio scendere le scale di casa, molti di noi le fanno a una velocità notevole senza pensarci, anzi se ci pensassimo le dovremmo fare molto più lentamente senza correre il rischio di farci male.

Spostiamo questo esempio nella prestazione di gara, se pensieri esterni (stess ansia ecc) ci distraggono il nostro compito non verrà eseguito nel modo migliore ma anzi sarà peggiore della media dei nostri allenamenti dove invece siamo meno sensibili agli stimoli del nostro inconscio.

Noi viviamo in un mondo dove siamo subissati di informazioni e stimoli, quindi la vera capacità degli atleti di alto livello non risiede solo nelle qualità tecniche o atletiche ma a fare la differenza sono soprattutto le qualità di selezione degli stimoli.

Queste qualità sono legate alla nostra capacità di attenzione, solo allenando gli stimoli e a leggere ciò che rilevante e cosa non lo è per ciò che stiamo facendo possiamo diventare efficienti.